Lavoratori a rischio o nuove opportunità professionali con l’entrata in scena dell’Intelligenza Artificiale?
È questa la domanda al centro del Report del WEF (World Economic Forum) presentato durante l’Annual Meeting di Davos, che ha cercato di trovare soluzioni praticabili per risolvere la questione reskilling.
Se in Italia avevamo constatato un crescente interesse ed impegno verso le competenze 4.0, necessarie per fronteggiare la Quarta Rivoluzione Industriale in atto, negli USA, stando a quanto emerso dallo studio sulla “reskilling revolution” condotto dallo stesso ente, quasi un milione e mezzo di lavoratori dovrebbe essere riqualificato per acquisire nuove competenze (o approfondire quelle già maturate) nei settori connessi direttamente o indirettamente con il digitale: un’evidenza che farebbe ben sperare, se non fosse per i costi.
Il reskilling degli impiegati, infatti, diminuisce drasticamente i rischi di una perdita del lavoro collegata alla disponibilità di nuove tecnologie intelligenti sempre più performanti, ma prevede che le aziende investano nella formazione dei dipendenti, direzione in cui non tutte sono orientate a muoversi: alcune, infatti, preferiranno assumere personale già qualificato, piuttosto che investire risorse per aggiornare i propri dipendenti.
Secondo i dati WEF, solo il 25% dei lavoratori nel settore privato uscirà indenne da questo step inevitabile: ma cosa succederà a tutti gli altri? Il rischio è palpabile.
Le soluzioni
Lo scorso anno le statistiche apparivano favorevoli: si stimava che – analizzando 300 aziende globali in 12 settori industriali – le nuove tecnologie avrebbero messo in pericolo circa 75 milioni di posti di lavoro, ricreandone, al contempo, 133 milioni. Praticamente quasi il doppio. Non si era tenuto conto, però, della questione reskilling che lascerà fuori, nel migliore scenario prevedibile, oltre 250mila lavoratori.
Il WEF ha avanzato una serie di suggerimenti:
- cooperazione tra le imprese che alleggerisca le spese da sostenere;
- impegno da parte del governo nella ridistribuzione dell’economia, aumentando gli stipendi ed abbassando i costi sociali, per ottenere un ritorno degli investimenti;
- ampliamento del sistema del welfare;
- sgravi fiscali e incentivi;
- stretta collaborazione con enti di formazione già esistenti, come le università.
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